#NelleScarpedellaSLA: la storia di Chiara Marcucci

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Storie – Nelle Scarpe della SLA “In Her ALS Shoes”
Mi chiamo Chiara Marcucci
vivere con la SLA
LATINA (Italy)

La Seconda Vita”


Mi chiamo Chiara Marcucci. Abito a Latina, ho 34 anni e da diciotto mesi convivo con la SLA.

Prima che i sintomi della malattia cominciassero a manifestarsi, ero attiva (oserei dire, iperattiva) e spensierata. Amavo molto lo sport–soprattutto pilates e corse all’aria aperta e assaporavo quotidianamente le grandi e piccole gioie della mia vita di mamma.

Proprio mentre facevo pilates ho avvertito i primi sintomi e sin da subito ho intuito che il dolore che provavo non era un malessere passeggero ma piuttosto il segnale di una qualche malattia che iniziava a farsi strada. Il tempo, purtroppo, non ha tardato a darmi ragione.

Ben presto la mia quotidianità si ridusse a un continuo andirivieni dall’ospedale, con lunghe visite mediche precedute e seguite da lunghe attese. E tutto questo senza che nessuno mi dicesse chiaramente quello che mi stava succedendo davvero. Mi sembrava di vivere in un incubo da cui era impossibile svegliarsi.

Dopo otto pesanti mesi di incognite, silenzi e mezze ipotesi, ricevetti l’angosciante verdetto. Dapprima incredula e scioccata, sono passata dall’iniziale rifiuto della diagnosi alla voglia di combattere. Cerco di farmi forza per mio figlio, che del resto mi vede come una “Wonder Woman”. Non posso deluderlo.

Ma la mia vita e il mio concetto di normalità sono cambiati radicalmente. Le giornate sono scandite da terapie continue. È impossibile non notare come mi percepisce la gente. Mi accorgo quando mi fissano mentre li incrocio per strada. Immaginavo i loro pensieri mentre osservavano il mio modo incerto di camminare. Ed ora che le ripetute cadute mi hanno costretta, sebbene contro il mio volere, a ricorrere alla carrozzina, attiro ancora di più gli sguardi dei passanti.

Mi devo fare aiutare sempre di più, anche per cose semplici come il vestirmi. Soffro per non poter partecipare come prima alle attività di mio figlio. Non riesco più ad accompagnarlo a scuola, né a giocare con lui al parco. Mi ero ripromessa di continuare a lavorare nonostante l’impegno si stesse rivelando sempre più faticoso. Tuttavia, di recente mi sono licenziata per potermi sottoporre a terapie sperimentali.

Queste giornate invernali mi impediscono di uscire spesso di casa e la cosa mi rattrista, però mi sto attivando per organizzare spesso cene o pranzi con amici stretti. Percepisco il graduale peggioramento delle mie condizioni ma so che non ho scelta e devo accettare il cambiamento.

Ho imparato a riconciliarmi con i mutamenti tempestivi del mio corpo e ho pianificato il mio domani. Lo faccio per mio figlio. E questo mi dona tranquillità.

Leggi la storia di Chiara in inglese.

 

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