La storia di Gwen Petersen – #NelleScarpedellaSLA

Storie – Nelle Scarpe della SLA “In Her ALS Shoes”
Mi chiamo Gwen Petersen
vivere con la SLA
Connecticut (USA)

“Quello che ho imparato da questa esperienza è che devi insistere per far capire la verità di quello che ti viene trasmesso dal corpo – e continuare insistentemente a raccontare la storia.”

 

Ti rendi conto che stai invecchiando quando… Non appartieni più al gruppo degli under 35. In aggiunta, un gruppo che è semplicemente sconosciuto alla maggioranza: cioè le persone sotto i 35 anni che convivono con la SLA. Quante volte hai sentito dire: “Ma sei troppo giovane per avere la SLA”? E questo è precisamente il modo in cui è iniziato il mio viaggio diagnostico – con un forte senso di dubbio e irrealtà che incombeva sulle mie esperienze.

Mi è stata diagnosticata la SLA quando avevo 32 anni, ma la parte più difficile del percorso è stato l’anno e mezzo di diagnosi errate. Ho trascorso quei diciotto mesi facendo rimpiattino tra visite mediche, con l’impressione che nessuno mi dava veramente ascolto. Ascoltavo il mio corpo, ma nessuno ascoltava me. Era più facile per i dottori definire le mie esperienze come sintomi di “ansia” e procedere con le prescrizioni mediche. Non riconoscevano e non ammettevano la verità, cioè che i miei sintomi si stavano manifestando ad una giovane età. Ero frustrata, per non dire altro.

Ad un certo punto durante questo periodo, il mio psichiatra mi ha informata che si ritirava dalla professione. Mi ha indirizzata ad un collega che pensava “fosse adatto” a me; mi ha anche avvisata che forse questo collega non accettava dei pazienti nuovi. Nel frattempo pensavo: “E adesso? Sto forse tornando al punto di partenza?”.

Fortunatamente il medico consigliatomi mi ha accettata come paziente nuova e quindi sono passata alle sue cure. 

Il nostro primo incontro è iniziato con un botto (nessun gioco di parole)… perché entrai nel suo studio su una sedia a rotelle. Ero caduta mentre entravo in ascensore. Con il mio equilibrio compromesso, quando qualcosa trema – allora la partita è finita. Con le lacrime agli occhi e imbarazzatissima, spiegai che simili cadute stavano diventando il mio pane quotidiano. Infatti, cadevo così spesso che avevo iniziato a scrivere un registro. Il nuovo medico mi disse “Andiamo in corridoio. Voglio vederti camminare”. Mi seguiva a distanza ravvicinata e ad un certo punto mi prese sottobraccio mentre procedevo a passo tremante.

Mi sedetti in una delle sue poltroncine. Mi guardò diritto negli occhi e la prima cosa che mi disse è stato “Non si cade per colpa dell’ansia”. Da quel momento ho capito che stavo nel posto giusto. Nel corso della nostra conversazione, mi informò che stava per indirizzarmi ad un neurologo; e lui mi ha finalmente messo sulla strada giusta per ottenere delle vere risposte. Quello che ho imparato da questa esperienza è che devi insistere per far capire la verità di quello che ti viene trasmesso dal corpo – e continuare insistentemente a raccontare la storia. Se le risposte che ti vengono fornite non ti sembrano azzeccate, probabilmente non lo sono. Hanno impiegato un anno e mezzo per fornirmi la diagnosi giusta. Se non avessi perseverato, forse a quest’ora sarei stata una dei tanti non diagnosticati – della serie “Sei troppo giovane per avere la SLA”. Così come stanno le cose, sto convivendo con la SLA, è una malattia vera, ho 35 anni e sto lottando vigorosamente.

Che aspetto ha questa lotta adesso? Sono ancora costretta a perorare la mia causa a gran voce – per cercare di ottenere le terapie di cui necessito e anche per perorare la causa della comunità SLA su vasta scala. Costruire consapevolezza e comprensione della SLA è diventata la mia passione. Faccio volontariato in molti modi così che le persone giovani (o giovanili) come me non dovranno spiegare che “Sì, anche i giovani possono avere la SLA.”

Leggi la sua storia in inglese su I AM ALS e Her ALS Story.

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